come risolvere
il problema?

COME USCIRE DAL LIMBO IN CUI SIAMO BLOCCATI
E DARE VITA AD UN NUOVO RESPIRO GLOBALE?

inquadrare il mondo

Ciò che è possibile dire, fare, pensare o cambiare dipende dalla cornice metafisica che ci si dà.

La cornice metafisica è quell’inquadratura che diamo al mondo. Potremmo dire che è un po’ come quando guardiamo nel mirino di una macchina fotografica, ciò che inquadriamo esiste. Quello di cui parliamo prende forma, assume contorni sempre più definiti. Così, in un bosco, possiamo decidere di dare risalto ad una foglia, puntandola con la nostra inquadratura oppure allargare la prospettiva a tutti gli alberi che la circondano.

Questo non significa che l’uno o l’altro smettano di esistere, se esclusi dall’inquadratura. Esiste sempre molto più di quello che riusciamo o vogliamo vedere. Semplicemente noi decidiamo di fare emergere una certa realtà, perché altrimenti, vivere risulterebbe effettivamente piuttosto complicato, rappresentando un’incessante ed estenuante sfida per la nostra mente.

Come si è visto, quello che è successo fino ad ora è stato quello di escludere una certa parte di realtà, mirare solo ciò che racchiudeva l’ideale di profitto e crescita economica.
È arrivato il momento di spostare l’inquadratura, cambiare narrazione del mondo.

Solo cambiando come intendiamo la realtà in cui viviamo, possiamo far emergere un nuovo mondo e un nuovo campo del possibile. A cosa possiamo pensare?  Cosa possiamo fare? Cosa esiste, cosa è importante e cosa no?

La storia ci ha sempre dato notizia di come ciò che veniva reputato impensabile in un’epoca si sia rivelato possibile in un’altra, andando frequentemente oltre i confini dell’immaginabile.

 

quale leva può attivare
un cambiamento così potente?

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la pratica invisibile

C’è una pratica molto vicina alle persone, che si colloca, vista o meno, nella vita quotidiana di ognuno di noi. Da sempre si pone come elemento deformante della realtà, spostandone i confini secondo codici estetici, etici e tecnici. Non opera ai livelli dell’arte, ma ha dimostrato nel corso del tempo di riuscire a raggiungere universalmente il vissuto delle persone. Questa pratica è il Design.

Da sempre il Design si pone come obbiettivo quello di risolvere problemi legati al quotidiano. Grazie alla sua natura è in grado di proporre nuove forme, nuovi significati, mettendo in luce, ad ogni livello di dettaglio, aspetti inesplorati del nostro mondo. Questo avviene grazie al “salto inventivo” che è in grado di compiere, rendendo noto l’ignoto , mediante il pensiero laterale.

In parole povere, si tratta di non prendere la realtà come data e cercare di trovare alternative per migliorare concretamente la qualità di vita delle persone, mediante l’invenzione di nuovi elementi che popolino la realtà sia su scala ridotta che più ampia.

Così si potrebbe dire che questa pratica, seppur industriale, (il termine con questa accezione venne proposto per la prima volta all’interno del volume di Nikolaus Pevsner “Pioneers of Modern Design”), abbia da sempre “acceso nuove luci” illuminando possibilità inedite, stimolando il pensiero alternativo, innovando l’esistente e lanciando silenti rivoluzioni “del quotidiano”.

Questo ha inevitabilmente contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza delle persone dando loro una maggior libertà ed elasticità di pensiero.

Ma ora che la natura del Design è così assimilata a quella industriale, cosa resta?

 
 
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La risposta è ben poco. Per la maggior parte, una serie di produzioni indirizzate all’estetico o al meramente pratico.
Una volta infettato dal germe della Tecnica, il Design ha subito lo stesso destino delle nostre società: annichilirsi.

È necessario allontanarsi dall’idea di Design, ormai centenaria, stanca, abusata, travisata e troppo frammentata per risultare incisiva a livello culturale.

Bisogna permettere alle persone di fruire di uno sguardo rinnovato sulla realtà che ci circonda, avviando nuovi processi d’indagine cognitiva ed esperienziale. Questo non professandosi come un portatori di “Soluzioni by Design” ma come creatori di dibattiti attorno all’alternativa e alla speculazione sul futuro, per approdare all’attuazione concreta di percorsi migliorativi della realtà.

Non professarsi antitetici al corrente sistema, ma coinvolgere diversi pensatori per immaginare universi alternativi positivi per il pianeta e l’uomo. Diventare abilitatori di nuovi sistemi e visioni oltre il tempo.

 

IN CHE MODO VARREBBE
LA PENA DI CONTINUARE
A VIVERE?

 
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il coraggio di proporre un nuovo immaginario

 

Allora ciò che serve è esattamente la rivoluzione di cui parlava Sepulveda. Occorre che le nostre società comincino a trovarsi in seno nuove idee e artefatti che abilitino la consapevolezza delle persone.

Solo grazie ad una maggiore consapevolezza della realtà ci si può muovere in maniera più solida dentro il caos della realtà che ci circonda.

Abbiamo seguito per decenni sempre il medesimo percorso che era stato disegnato per noi all’interno delle nostre società. Ora che tutto è sottosopra, che gli equilibri sono saltati, si cercano nuovi immaginari, ci si chiede come andrà a finire tutto. A quale realtà approderemo una volta che la pandemia sarà finita?

 

La speculazione applicata al design, si pone come attivatrice di nuovi mondi.
La Gestalt che deve assumere è quella di uno scenario o immaginario, declinato sia come un mondo potenzialmente indicibile, che tuttavia colpisce l’osservatore e ne suscita profondo interesse. Veicolo di significati generativi anche quando non immediatamente comprensibili dalle persone.

Altrimenti, ad esempio, lo scenario può essere visto come un esperimento sociale estremamente pragmatico ed esperibile dalle persone che possono confrontarsi direttamente con esso, ampliando la loro visione.

una nuova figura

È necessario che il Designer che volesse intraprendere questa strada, abbandoni questa stessa definizione professionale. Il progettista deve staccarsi dall’industria e dai suoi processi produttivi per mettere le sue abilità nella sistematizzazione e nella produzione concreta di visioni alternative.

Il Designer può darsi una nuova definizione e configurarsi come un abilitatore, il quale, grazie all’indole e alla predisposizione mentale, sarà in grado di realizzare artefatti volti ad ampliare il campo dell’immaginario delle persone.

Bisognerà operare una trasformazione delle logiche in cui ad oggi viene operato il design. Non più chiuso in un ciclo produttivo che ha come unico fine quello di generare ulteriori affari per le aziende, ma quello di stimolare il pensiero altrui, coinvolgendolo anche con artefatti e soluzioni partecipative.

In profonda sintonia con lo Spirito Globale, l’abilitatore dovrà essere in grado di coglierne la reale essenza, lontana e spoglia dalla liquida realtà in cui è immerso, per condurre i propri studi e orientare i progetti fornendo proposte, non soluzioni o verità assolute.

 

 


Grazie al risveglio dello spirito immaginativo della società, ora più che mai, è fondamentale proporre nuove strade e indicare direzioni alternative. Tutto il mondo è in fermento, le correnti divisioniste degli ultimi anni, hanno dimostrato tutti i loro profondi limiti e i drammatici risvolti. Le persone chiedono più verità, sistemi più umani, giusti e sostenibili basati su solidarietà e collaborazione.

Proporre alternative quindi non deve essere un gesto distruttivo o soppressivo, destinando il ricordo del presente all’oblio. Deve essere invece un atto magico, che tenga insieme la realtà sfracellata e che iscriva le persone in una dimensione profetica, permettendo loro di traghettarsi da un mondo all’altro.